Avrà un ruolo cruciale Steve Jobs all'interno della nuova azione legale mossa contro la società che aveva fondato e che ha lasciato poco prima del suo decesso alcuni anni fa. A fare da testimonianza alcune e-mail e un video dell'ex iCEO, visionario nel campo dell'informatica, ma uomo nudo e crudo nella gestione degli affari. Dalle e-mail si scopre che Apple ha garantito il successo al suo iPod, e di riflesso ad iTunes, boicottando volontariamente i contenuti scaricati e acquistati da store di terze parti.
La disputa prevede un pagamento in danni dell'ordine del miliardo di dollari a favore dei rivali e dei clienti, per un fatto avvenuto prima del gennaio del 2005, data in cui RealNetworks ed altri accusavano la società di Cupertino di utilizzare manovre tattiche per favorire le vendite su iTunes. Sotto stretta richiesta di Jobs, la società aveva approntato alcune funzionalità per bloccare la riproduzione di canzoni acquistate regolamente su servizi di terze parti, come ad esempio RealPlayer dello stesso RealNetworks, o MusicMatch.
La prova in alcune e-mail inviate dall'ex CEO nonché co-fondatore di Apple, di cui riportiamo un estratto: "Dobbiamo assicurarci che quando MusicMatch lancerà il suo store digitale, la sua musica non possa essere ascoltata sull'iPod. È un problema?", recitava una delle e-mail rese pubbliche fra quelle portate agli atti. La disputa ha inizio nei primi anni dell'esplosione dell'ascolto digitale in mobilità, una guerra commerciale vinta nel tempo da Apple utilizzando manovre strategiche invalidanti per la concorrenza, secondo le società che hanno lanciato la class-action.
In sostanza, Apple proteggeva le canzoni vendute tramite iTunes attraverso un software DRM (Digital Rights Management), che avrebbe impedito l'ascolto su dispositivi non autorizzati. Tale sistema, tuttavia, non era compatibile con altri algoritmi "anti-copia" utilizzati dalla concorrenza, fra cui quelli delle società che hanno partecipato alla class-action. Come risultato, tutti i contenuti scaricati e acquistati regolarmente sugli store non compatibili non potevano essere riprodotti su iPod, fattore che incoraggiava gli utenti all'acquisto della musica liquida su iTunes anche se meno conveniente.
La vicenda si infittisce quando RealNetworks introduce sul servizio di vendita digitale proprietario un DRM compatibile con quello di Apple: Harmony, questo il suo nome, consentiva in questo modo di aggirare le protezioni di iTunes e abilitare l'ascolto di musica acquistata su RealPlayer sugli iPod. Bloccato a più riprese da Apple con aggiornamenti di iTunes, Harmony ha avuto vita per qualche anno, in varie evoluzioni che tentavano di arginare le restrizioni della società di Cupertino. Un comportamento tipico da hacker, secondo Steve Jobs.
Come si legge in alcune sue e-mail portate agli atti del processo, le repliche dell'ex-CEO sono state veementi: "È sbalorditivo che Real utilizzi le stesse tattiche e la stessa etica tipiche di un hacker per violare l'iPod", linea di pensiero seguita anche da altri alti dirigenti della società: a Phil Schiller, responsabile della divisione marketing del gigante di Cupertino, "piaceva l'idea di paragonare la concorrente agli hacker". Secondo la società incriminata, la scelta di DRM così restrittivi era stata ponderata sotto la strenua richiesta degli stessi proprietari dei diritti d'autore, con l'obiettivo di proteggere le loro creazioni.
Apple ha smesso di utilizzare il sistema DRM nel 2009, solo dopo aver consolidato il successo dei suoi iPod in funzione di una modifica alle strategie commerciali dei colossi del mondo della musica digitale. Negli ultimi anni, infatti, le major discografiche si sono basate più sugli utili provenienti dall'ascolto continuato nei vari servizi in streaming piuttosto che sulle vendite unitarie di canzoni o album, e un DRM così restrittivo non avrebbe garantito loro gli stessi vantaggi ottenuti agli albori della categoria. Ad oggi non è semplice decifrare quanto accusato ad Apple: il gigante di Cupertino avrebbe avuto lo stesso successo commerciale, che poi lo ha portato al boom con gli iPhone, anche senza la strategia di mercato contestata nel processo?
La società si è rifiutata di commentare fuori dalle aule della giustizia americana, ma gli avvocati puntano sulla piena assoluzione. I DRM non avevano l'obiettivo di boicottare la concorrenza, secondo i legali preposti alla difesa di Apple, ma iTunes è stato appositamente sviluppato per scoraggiare la pirateria ed offrire la sicurezza necessaria agli utenti e ai clienti della società. Una manovra che, secondo i querelanti, avrebbe portato ad un'inflazione del settore, consentendo solo ad Apple di gonfiare i prezzi del proprio hardware ai danni delle società concorrenti. Risponderanno delle accuse per Apple gli avvocati William Isaacson e Karen Dunn.
Nel caso di sconfitta, Apple dovrà risarcire i danni a chi ha acquistato un prodotto della famiglia iPod fra il 12 settembre 2006 e il 31 marzo 2009, fra reali acquirenti o rivenditori di terze parti. Ciò non toglie che, se Apple fosse considerata colpevole, alla società rimarrebbe comunque quel monopolio di mercato che ha acquisito nel corso degli anni, sovrastando la concorrenza con manovre considerate illecite, e sfociato nel grosso successo degli iPhone. Un argomento che identifica un problema di fondo nelle leggi americane (e non solo), come sottolinea Mark Lemley, professore di legge alla Stanford: "Il fatto che questo caso procede ancora dopo 10 anni è un segnale che la tecnologia spesso sovrasta i tempi della legge".
Dieci anni: un periodo di tempo inaccettabile per le questioni tecnologiche e che può segnare profondamente il futuro di una società. Apple sostiene di essere totalmente innocente nelle accuse rivolte da RealNetworks (e non solo), ma le e-mail di Steve Jobs sono esplicite a tal punto da poter rappresentare una prova chiave nel processo, e obbligare l'azienda che ha co-fondato ad un rimborso miliardario. Un'inezia, probabilmente, considerando l'immagine del gigante di Cupertino che iPod ha contribuito a creare.
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I DRM di iTunes hanno ucciso il mercato: Steve Jobs testimone nel processo miliardario
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