Una delle icone del file-sharing, fra le prime piattaforme su internet ad offrire un servizio di siffatta natura, chiuderà il prossimo 31 marzo. Stiamo parlando di RapidShare, che cesserà ogni attività nella data specificata e consentirà l'estensione degli abbonamenti fino al prossimo 28 febbraio. A partire dal 31 marzo tutti gli account saranno cancellati, insieme ai dati in essi contenuti.
Fondato nel mese di maggio del 2002, RapidShare è stato (e sarà ancora per poche settimane) uno fra i più celebri servizi di file-hosting. Nel 2009 il sito vantava la presenza di 10 petabytes di file caricati all'interno dei server, mentre nel 2010 catturava le attenzioni di "centinaia di milioni di visitatori" su base mensile, cifra che lo poneva fra i primi 50 siti più popolari in tutto il mondo.
RapidShare ha annunciato la chiusura attraverso un messaggio pubblicato sulla pagina principale del sito, senza tuttavia addentrarsi troppo nei dettagli e, soprattutto, senza specificarne le cause. Possiamo supporre che la società sia stata costretta da autorità di controllo non meglio specificate a compiere il gesto estremo, probabilmente per via della folta presenza di materiale protetto da diritti d'autore, nonché illecito.
Come già avevamo visto in precedenza con MegaUpload, si tratta di un esito che purtroppo coinvolgerà anche tutti quegli utenti (anche se probabilmente una minoranza) che utilizzavano il servizio entro i limiti imposti dalla legge. RapidShare ha maturato parte del suo successo anche grazie alla chiusura di MegaUpload, ed è stato proprio nei mesi immediatamente successivi che ha fatto registrare una corposa crescita nel traffico generato.
Tutti gli utenti sono invitati a "mettere al sicuro i propri dati" prima del 31 marzo, in quanto a partire da aprile non si potranno più riottenere in alcun modo. Ma la chiusura non è legata solo a questioni di natura più prettamente legale: la diffusione progressiva dei servizi di cloud storage ha probabilmente giocato un ruolo importante, rendendo un po' obsoleta la struttura di RapidShare in cui solo gli utenti Premium avevano diritto ad alcune funzionalità basilari per il download dei file.
Ma nel corso del tempo RapidShare aveva affrontato diverse battaglie legali, vincendole spesso grazie alla natura meno radicale rispetto ad altri servizi più aggressivi. Non forniva infatti strumenti di ricerca per materiale pirata specifico e, se colta con le mani nel sacco, la società provvedeva a rimuovere prontamente tutti i contenuti illeciti. Alcuni tribunali hanno tuttavia stabilito che RapidShare fosse responsabile del traffico di file illecito sulla piattaforma, ma non sappiamo, nello specifico, se questa sia stata la causa principale della chiusura.
Nonostante la società abbia cercato di cooperare con l'industria dell'intrattenimento e abbia cercato di riformarsi come servizio di cloud storage personale, RapidShare non è riuscita a contrastare l'avvento di concorrenti quali Dropbox, Google Drive o OneDrive di Microsoft, ottenendo come risultato una grossa perdita di utenti e, probabilmente, di profitti. La chiusura, in questo caso, avrebbe rappresentato l'unica via d'uscita praticabile, tutto a vantaggio dei servizi in cloud citati, che nelle prossime settimane potrebbero verificare un nuovo e corposo flusso d'utenti e file in upload.
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